Perché leggi le mie chat?

Oggi cominciamo il nostro articolo con un po’ di numeri, abbiate pazienza. Secondo l’ultimo rapporto di Save the Children dedicato alla violenza di genere di cui si è parlato il mese scorso, il 79% degli adolescenti pensa che le ragazze siano più predisposte a piangere dei ragazzi, mentre il 64% le reputa maggiormente in grado di esprimere le proprie emozioni e infine il 51% ritiene che le ragazze siano più inclini a sacrificarsi per il bene della relazione.

Un adolescente su tre concorda sul fatto che le donne possano contribuire a provocare una violenza sessuale con il modo di vestire e il 21% pensa che una ragazza, anche se è alterata da sostanze, sia comunque in grado di acconsentire o meno ad avere un rapporto sessuale, in teoria non consenziente.

Ma perché?

Questi numeri raccontano quanto ancora tra le giovani generazioni siano forti certi cliché culturali e stereotipi di genere, in contrasto a un nuovo modo di vivere il sesso molto più liberatorio e affascinante rispetto agli stessi cliché.

La compresenza di questi due atteggiamenti, li esaspera: il rapporto di coppia è oggi enfatizzato dal controllo sul partner che i social permettono; molti ragazzi e ragazze pensano che sia un loro diritto leggere messaggi e chat del compagno o della compagna, come anche di interferire nella scelta delle persone che l’uno o l’altra frequentano.

Di contro i rapporti sessuali sono sempre più promiscui, rapidi, affamati di una trasgressione quasi famelica, perché senza controllo. Non fraintendeteci: non siamo qui per mettere paletti, ma per cercare di capire al meglio come muoverci in una società veloce e in continua evoluzione come la nostra. Secondo la sociologa Chiara Saraceno durante un’intervista a Radio Tre, “è necessario lavorare sull’idea di un amore fondato sulla libertà, e non sulla fusionalità”, ma in alcuni contesti familiari la “fusione di coppia”, la mancanza di rispetto e la predominanza di uno dei partner viene messa in pratica proprio dagli stessi genitori.

La povertà di un’educazione emotiva e sentimentale, di cui spesso abbiamo parlato proprio in questo spazio (leggi anche La violenza come urgenza, Il mondo è sessista o Fe-meal e le questioni di genere) si è sommata negli anni a quella sessuale. In modo bigotto e forse ancora vittima della Democrazia Cristiana post bellica, la scuola ha spesso visto all’educazione sessuale come a un compendio di anatomia da cui studiare solo gli apparati riproduttivi senza considerare quelli relazionali, che sebbene non siano proprio apparati, sono comunque aspetti funzionali a qualsiasi tipo di incontro.

Purtroppo oggi il mezzo della scrittura è limitato: siamo sicuri che i giovani e le famiglie dei giovani ci stiano leggendo? Siamo sicuri che si informino tramite articoli e saggi? E quanto i social possono approfondire l’argomento senza annoiare, battendo il record dello spiegone in trenta secondi di reel?

Abbiamo bisogno che questa educazione diventi anche pratica, diventi attiva e che non sia rivolta solo ai ragazzi. Ma come? Con iniziative per ogni fascia di età: non solo nelle scuole, ma anche nelle aziende, dove lavorano genitori e adulti; nei consultori familiari, nei circoli sportivi; prima di un film al cinema o di un concerto. Se vogliamo conoscere i ragazzi, renderli consapevoli, bisogna prima che ci si concentri sugli adulti, quindi sui futuri genitori.

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