Turner. Paesaggi della Mitologia – Reggia di Venaria, Torino

Un viaggio nel romanticismo inglese puro, dove il sublime pervade le tele e gli occhi dei fruitori si rinnovano di bellezza, quella dei classici che non stancano mai.

JMW Turner, Storia di Apollo e Dafne, 1837, olio su tavola. Foto: White Design Studio

Direttamente dalla collezione della Tate UK, la mostra espone circa quaranta dipinti, dalle tele più famose e imponenti agli oli più piccoli, dove la natura lascia spazio alla mitologia. E ancora schizzi e acquerelli, in cui il disegno prende il sopravvento in modo quasi inaspettato.

La mostra poi, a cura di Anne Lyles, dedica una parte dell’esposizione ai “paesaggi italiani” sfondo bucolico perfetto per i soggetti mitologici e biblici di età più adulta, realizzati dopo i suoi due viaggi: nel 1819 e nel 1828, proprio in Italia.

JMW Turner, Studio per 'Ulisse che deride Polifemo' (?), 1829 ca., gouache e acquerello su carta. Foto: ©Tate: accepted by the nation as part of the Turner Bequest 1856

Ma ciò che ci affascina di questo percorso è l’assoluta perdizione nell’onirico che le sue tele da sempre hanno permesso, anche dove i lavori in mostra sono più figurativi e lo rivelano in un modo poco conosciuto.

Si dice che non fa mai male rileggere un libro caro o rivedere un film preferito. Crediamo che la stessa cosa valga anche per Turner.

Il suo lavoro, tra manuali scolastici di storia dell’arte fino a pellicole cinematografiche, è stato affrontato diverse volte, un po’ come l’Impressionismo – di cui è tra le altre cose un noto precursore. Eppure non ci si stanca mai di ammirare i suoi capolavori, alcuni di dimensioni immersive e qui il 3D non c’entra.

Perché dalle sue influenze, Piranesi per la prospettiva, Rembrandt per il chiaroscuro e infine Richard Wilson per la tradizione del paesaggio storico seicentesco, si distacca quando capisce che la forma non ha più confini; è giusto perdersi nel colore e da questo attrarre la luce.

JMW Turner, Bacco e Arianna, 1840, olio su tela. Foto: White Design Studio

Fa bene all’acqua mescolarsi con il cielo e al cielo con la terra: la Natura è vasta e unica, mentre l’essere umano, sapiente costruttore, resta un piccolissimo osservatore “patetico”, dove è il patos che muove il suo essere, così confinante e finito.

Quando guardiamo i lavori esposti, è bellissimo accorgersi come ci sentiamo così affini a quell’uomo che a un passo dalla rivoluzione industriale ancora si sente perso, un po’ come lo siamo noi oggi. Questa è la contemporaneità della cultura, la forza delle cose belle, con la sua immancabile ciclicità.

Fino al 28 Gennaio!

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