– “Bella casa. Il letto è piuttosto stretto però”.
– “Che spiritoso che sei. Ma per uno è sufficiente. Me l’ha lasciata la mia madrina, l’ho dipinta da sola”.
Aki Kaurismäki torna in sala con Foglie al Vento, Premio della Giuria al Festival di Cannes 2023. Il film, ricco di citazioni a registi sacri da Godard a Bresson, riprende uno dei temi a lui cari che sembrava essersi concluso: il lavoro e il suo precariato.
Ansa e Holappa sono una commessa e un operaio, poi una cameriera e un disoccupato e ancora un’operaia e un alcolizzato; solo alla fine si scoprono essere una coppia. Per il resto del film assistiamo lentamente alla loro routine: dove vivono, cosa mangiano, come dormono e con chi escono. Il tutto cadenzato da giornate di lavoro che per quanto simili a loro stesse, si rivelano cambiare in base alle condizioni che la vita offre.
Inaspettatamente schietta, Ansa sa il fatto suo: una donna sicura e indipendente, che vive con lo stretto indispensabile e passa i tempi morti ad ascoltare gli aggiornamenti della guerra in Ucraina alla radio.
Holappa, sfacciato sul lavoro e con una bottiglia di alcol sempre a portata di mano, vive con altri operai dentro il vagone di un treno dismesso, ma custodisce una giacca buona e un pettine alla Bogart per riordinare i capelli, nonostante le crepe del suo specchio.
I due non sembrano avere un chiaro scopo nella vita e i parsimoniosi dialoghi del film non lasciano intendere niente di diverso da quello che sembra: alzarsi e viverla.
Che film noioso, vero? E invece no.
Anche se assistiamo a degli stereotipi di genere e di precariato (che comunque esistono), la storia narrata è un’altra: quella del mondo senza uno smartphone e senza possibilità di comunicare, se non grazie a un paziente ingegno nel cercare una persona cara.
Infine è un film sul riscatto, che vuol dire accoglienza del cambiamento; e poi ancora un film sull’amore che però non include il sesso. O forse lo includerà, in Foglie al Vento Due.
Scherzi a parte, la totale assenza di contatto fisico tra Ansa e Holappa sembra suggerire in realtà un disagio: quello del vivere l’altro. Ma il desiderio silente di prendersene cura prevale e lascia spazio a una poesia del conoscersi, fatta di silenzi e imprevisti, di attese e ritrovi, ma soprattutto di presenza.
Da vedere anche solo per provare (a ricordarci come si fa).
Voto da zero a dieci, otto.