“Wow… sei tu… wow…wow…”
Dopo due nomination agli Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura di quest’anno, Past lives raggiunge anche i nostri cuori: prima regia di Celine Song e preziosa narrazione di un amore mai perduto.
Il film ruota intorno alla relazione ritrovata di Nora Moon (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), due compagni di classe molto legati, probabilmente già piccoli amanti, costretti a separarsi quando i genitori di lei trasferiscono l’intera famiglia in un altro continente.
Dalla Corea agli Stati Uniti, Nora cresce e intraprende un percorso di studi intellettuale; anche Hae cresce, lui studia ingegneria. Grazie a Facebook lei scopre che lui l’ha cercata, così decide di rintracciarlo, scrivendogli su messenger.
Sappiamo che queste quattro righe non hanno nulla di romantico, come anche l’avanzare della trama che inizialmente vede Nora e Hae in lunghe conversazioni su Skype: i due si raccontano di come sono cresciuti, con qualche digressione temporale alla loro infanzia, illuminati dalla fredda luce degli schermi e incuranti del fuso orario. Si capisce subito a chi è più mancato chi, anche se la vita riserva un sacco di sorprese.
Purtroppo Skype è solo una connessione telefonica digitale e Nora si stufa in fretta: preferisce chiudere se lui non può raggiungerla presto a New York. Quindi vince una borsa di studio per una residenza artistica e incontra un occidentale di cui si innamora. I due si sposeranno. Però anche basta con gli spoiler.
Cosa c’è di avvincente in questa trama apparentemente così sterile? Raccontarvi che poi Hae arriva a New York solo per ritrovarla non è insistere con le anticipazioni. Anche il trailer lo smaschera. Quello che però non dice – ma noi sì, ci perdonerete – è che l’amore esiste, anche a chilometri di distanza. Ed esiste quando c’è un’energia che vibra, la stessa che brilla negli occhi l’uno dell’altra anche quando non si è vicini.
Past lives ci insegna che non serve essere tutta d’un pezzo e che a volte l’autoironia è davvero superflua: no, non ci aiuta a nascondere l’imbarazzo della realtà nella consapevolezza dell’amare.
C’è una scena bellissima in questo film, privo di gestualità ma ricco di sguardi e con rari abbracci sinceri; però non ve la possiamo raccontare, perché è quella finale e indaga un concetto basilare per la relazione tra uomo e donna: la comprensione.
Accettare, comprendere l’altro, sono atti di coraggio che non è facile manifestare, come anche metterli in pratica.
Proviamo a pensare alle nostre vite: quante volte ci siamo sentiti davvero compresi e quante volte abbiamo profondamente compreso? Forse troppo poche.
Ecco, sebbene non ce la siamo sentita di entrare nei dettagli per riservare la sorpresa in sala, sappiate che non c’è un solo personaggio che non abbiamo amato e che ognuno di loro racconta qualcosa di speciale e lo fa in modo impeccabile.
Da vedere in lingua originale, anche se è recitato per lo più in coreano (certo che ci saranno i sottotitoli!). Fate in fretta, il film era uscito già a febbraio con una timida distribuzione, ma grazie alle nomination è tornato nelle sale. Forza, forza!
Voto da zero a dieci, nove.