Ideato tra il 1962 e il 1975, il progetto residenziale de “Le Vele” nasceva nella periferia di Napoli per rispondere alla densità di popolazione del centro urbano con una ridistribuzione comunitaria oltre che di persone, anche degli spazi veri e propri.
Luoghi interni ridotti al minimo, ma aperture esterne e comuni per condividere un’idea di abitazione collettiva, capace di agevolare incontri e nuovi modi di confronto. Lo scopo era quello di una “città in miniatura”, in cui poter trovare tutto il necessario aggregativo.

Le vele di Scampia, Napoli - Planivolumetrico dell'insediamento - Foto di De Fusco (2017)
Progettato dall’architetto Francesco di Salvo, il complesso di edifici traeva ispirazione dalle “unités d’habitation” di Le Corbusier e i principi dell’Existenzminimum post bellici: residenze e servizi in unità abitative funzionali e spazi comuni, il tutto a costi estremamente contenuti per garantire “il minimo indispensabile”.
Francesco di Salvo, forte di questi concetti, ci mise del suo: cercò di ricreare l’atmosfera dei vicoli del centro storico di Napoli: interazioni casuali, rumorose, comunitarie.
Aree verdi, luoghi culturali, servizi di trasporto urbano per facilitare gli spostamenti verso il centro: una nuova idea della provincia, di Scampia, in sette edifici. Che però fu del tutto disattesa, anche e soprattutto a partire dai materiali usati:
“Al materiale trasparente che doveva essere usato per i pianerottoli fu preferito il cemento armato. La parabola che identificava il profilo a ‘vela’ fu sostituita da uno ziggurat e da facciate chiuse che hanno condizionato la forma e la luce degli spazi interni. I blocchi stessi vennero posizionati vicini l’uno all’altro, non alla distanza prevista (dai 10,80 metri del progetto originario agli 8,20 metri attuali), ostacolando ulteriormente l’entrata di luce naturale.” (outpump.com)
Tutto l’opposto dell’aggregazione. Cemento armato e nessun collegamento con il centro città hanno contribuito negli anni a caratterizzare la zona come occulta, isolata, degradante.
Sovraffollamento, concentrazioni mafiose e clan non hanno migliorato la situazione ed è dagli anni 80 che si cerca di recuperare il quartiere. Nasce infatti il progetto “ReStart Scampia” che guarda al futuro.
Quando si parla di rigenerazione urbana, non si pensa immediatamente alla parola “demolizione”. E invece dei sette edifici ne sono stati demoliti cinque, l’ultimo lo scorso Marzo: la Vela Gialla. Una sorte simile toccherà alla Rossa, mentre quella Celeste “sarà l’unica destinata a ospitare uffici, nonché la costruzione di nuovi edifici residenziali e nuovi spazi pubblici. Il progetto dovrebbe essere portato a termine nel 2027.” (geopop.it)
Con queste azioni si abbatte una parte di storia. Quella più losca, da occultare e dimenticare. Ma siamo sicuri che per ricostruire bisogna distruggere? “Le Vele non sono un fallimento dell’architettura, ma piuttosto un fallimento della realizzazione e della gestione. La demolizione è spesso un tentativo di nascondere le cose sotto il tappeto”. (Ada Tolla, iqd.it)
Non ci resta che attendere due anni, conservando il beneficio del dubbio.

Le vele di Scampia, Napoli - Dettaglio del modello di progetto - Foto di De Fusco (2003)