Parthenope, Paolo Sorrentino

Quando vorresti andare al cinema e invece ti senti a teatro.

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

“Parté, ma se io avessi quarant’anni meno, tu mi sposeresti? La domanda giusta è un’altra comandante: se io avessi quarant’anni di più, lei mi sposerebbe? Si’ proprio na furbacchion.”

Un amico tempo fa ci disse che l’ultimo film di Sorrentino era su Netflix. Quando uscì dalle sale infatti, non riuscimmo ad andarlo a vedere in tempo per parlarne qui.

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

E invece eccoci. Siamo partiti prevenuti: sappiamo ormai che il suo codice linguistico è altamente drammatico, dalla seconda definizione del vocabolario Treccani: “che ha la tragicità e l’intensità emotiva delle scene culminanti di un dramma”. Non ci sbagliavamo.

Parthenope è una ragazza bellissima, che per tutto il film non invecchia mai, nonostante superi diversi step della vita:

gite spericolate adolescenziali, avvenenti incontri di percorso nella definizione di sé (divento attrice, modella, professoressa?) e poi finalmente antropologa docente fuori sede. Ma lei, a parte nelle ultime scene quando finalmente il film finisce, rimane eterna.

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Non racconteremo la trama, non possiamo, ma Sorrentino passa come al solito da un tema all’altro, dalla nascita alla morte, dalla surrealtà allo svilimento, dall’idolatria allo smascheramento: l’uomo e la donna sono due esseri che si scambiano relazioni piene di cliché, definitive e importanti allo stesso modo perché tutte rivelatorie. Ma di cosa?

Due ore e mezzo che sembrano non finire mai, dove assistiamo all’evoluzione della figura della donna; una donna superficiale, bella, curiosa fino al disgusto, lasciva e intelligente e che mai capiremo, mai, se empatica o meno.

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Scena tratta dal film "Parthenope", di Paolo Sorrentino (2024)

Ma era quello di cui avevamo bisogno? Aggrappati per tutto il film alla necessità di una narrazione lineare e avvincente, che l’uso della fotografia e del paesaggio suggeriscono, speriamo fino all’ultimo di ricevere qualcosa in cambio. Mentre restiamo appesi, appese e di concreto neppure la sfera onirica che aveva contraddistinto “È stata la mano di Dio”.

Alla fine del film capiamo che abbiamo bisogno di pragmatismo, complice la comunicazione social che ci porta schiettezza e democrazia smisurata, mentre la società ci sbatte in faccia la realtà. Non ci interessa più filosofeggiare, abbiamo voglia di agire per reagire e se il film voleva infastidire il pubblico che resta impotente, ci è riuscito.

Voto da zero a dieci, tre

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