Prima sul neon in cima a un carrello elevatore, poi su un cartello stradale all’interno dello spazio espositivo: due parole alla rovescia sono il senso metaforico di tutta la mostra, dove ci sentiamo spinti a sovvertire la quotidianità.
Le parole sono “Cielo”, installazione per la Bangkok Art Biennal del 2022, e “Milano” (M, 2024) realizzata per la mostra stessa. Metal Panic di Marcello Maloberti a cura di Diego Sileo è un viaggio nella mente dell’artista di Codogno, che porta in scena il suo statement visivo: un complesso di foto, video e installazioni capaci di raccontare Milano solo con i suoi occhi, a partire dagli ultimi dieci anni.
Milano oggi non gode di grande fama, c’è chi la ama, chi la odia, chi la reputa invivibile e la vorrebbe vivere. A nostro parere questo non è solo un suo problema, è il dramma delle città metropolitane italiane, culturalmente e politicamente attive degli ultimi cinque anni. Come Milano anche Roma, Bologna, Venezia, Firenze.
In Metal Panic abbiamo usato il linguaggio multiforme di Maloberti per vedere il problema urbano da un altro punto di vista, quello di chi vive questa metamorfosi come appartenente a un luogo non luogo, uno spazio affatto circoscritto e in perenne divenire, dove “il futuro non finisce mai di iniziare”, riempiendoci di speranza. (Marcello Maloberti, neon, Opificio Golinelli, Bologna).
Sì, perché per concretizzare la sua pratica artistica, Maloberti lavora in posti diversi, parlando del suo studio non come un luogo specifico: “Io non ho uno studio d’artista, ma una casa-studio. (…) Lavoro con vari artigiani in diversi spazi e il dialogo creativo con l’altro è fondamentale. Lo studio, per me è la camera che non ho. La camera dei pensieri, la stanza mancante. La abito attraverso i miei desideri e progetti. È la stanza del mio immaginario.(…)” (Il Foglio, 22 apr 2023)
Come non sposare questa filosofia?
Essere figli e figlie di una città che cambia e guardarla attraverso i suoi occhi è uno sprono per non restarne vittima, per spingerci altrove senza partire mai, perché di fatto non è sempre possibile.
Installazioni di pensieri scritti e aforismi spaziano dalla poesia all’ironia, creando nel percorso espositivo una costante sovrapposizione di umori e registri linguistici: è questo il filo narrativo della mostra, che alleggerisce la quotidianità e permette di entrare nel linguaggio verbale dell’artista.
Camminiamo dunque per Milano al PAC e leggiamo questa città con gli occhi di Marcello Maloberti, dove l’ordinario è “figo” e sempre, comunque “martellante”.
Fino al 9 febbraio 2025
PAC
Via Palestro 14, Milano