L’architettura empatica

Perché i luoghi parlano

Rolex Learning Center, Losanna © Guilhem Vellut

Rolex Learning Center, Losanna © Guilhem Vellut

Abbiamo un rapporto con gli spazi e con gli oggetti che spesso sottovalutiamo. Viviamo i luoghi intorno a noi con la frenesia quotidiana, eppure sappiamo riconoscere la comodità di quella sedia, la luminosità di quella stanza e la praticità di quell’armadio.

Questo perché esiste l’architettura empatica, dove l’affidabilità di un oggetto o di un edificio collabora con la parte emotiva della sua forma, entrando in relazione con l’essere umano.

Il termine vero e proprio è molto recente, ma già nel 1954 Richard Neutra pubblica “Survival Through Design”, un testo che può essere considerato un manifesto proto-empatico: parla esplicitamente di come l’architettura debba sostenere la “vitalità” umana e prendersi cura di corpo e anima, aggiungendo queste caratteristiche alle sue funzioni tecniche, comunque necessarie.

L’architettura ha sempre guardato alla relazione tra gli essere umani e lo spazio circostante, nel rispetto e interpretazione dell’ambiente sociale, culturale e domestico in cui si inseriva. Ma in questo caso c’è dell’altro.

Non si parla solo di edifici inclusivi, ma di spazi che accolgono e comprendono.

Luoghi che non hanno bisogno di impressionare, ma lasciare che chi li vive, respiri meglio. Dove la luce entra non per estetica, ma con gentilezza. Dove il legno scalda, il vetro apre e il verde ci ricorda che siamo vivi.

Ne sono un esempio la biblioteca Hertziana a Roma con il progetto di ampliamento di Juan Navarro Baldeweg nei primi anni duemila, che permette alla storia dell’edificio di dialogare con il presente, accogliendo i visitatori con vetrate e terrazze chiare e luminose.

Biblioteca Hertziana, Roma © Sonse

Biblioteca Hertziana, Roma © Sonse

Oppure il Rolex Learning Center a Losanna di Sanaa, costruito nel campus dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL): funge da laboratorio di apprendimento, biblioteca e centro culturale internazionale. Le sue forme sono pensate per nuovi modi di studiare e interagire: curvilinee, ampie, aperte.

Rolex Learning Center, Losanna © Magdalena Roeseler

Rolex Learning Center, Losanna © Magdalena Roeseler

L’architettura empatica non è una teoria nuova, ma un modo diverso di guardare ciò che abbiamo sempre avuto davanti: la capacità degli spazi di parlarci, di influenzare il nostro umore, di suggerire come muoverci, come sostare.

Ci ricorda che non abitiamo mai solo una stanza, ma anche la sua luce e il suo silenzio.

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