Non solo tazze

Eterna ceramica

Carlo Zauli, Vaso sconvolto (1976) &copy Carlo Zauli BY-NC-ND 2.0

Carlo Zauli, Vaso sconvolto (1976) © Carlo Zauli BY-NC-ND 2.0

Non fa rumore, ma si fa notare. La ceramica è tornata, o forse non è mai andata via: chi di voi non ha mai partecipato a un corso impiastricciandosi le mani e portando a casa dei souvenir amatoriali?

La ceramica è una presenza resistente. Tattile, imperfetta, viva.

La ritroviamo ovunque: nelle bancarelle di paese, nelle vetrine turistiche piene di teste di moro e nelle mani di designer che la trattano come linguaggio da reinventare.

Alcuni nomi che non siano del corso del lunedì sera: nel design d’autore Diego Faivre plasma mobili con la sua Diego Dough, cronometrando ironicamente ogni gesto. Valentina Cameranesi trasforma l’argilla in forme concettuali e non classificabili. Altri, come Matteo Cibic, Salmistraro, Hayon, giocano con totem e figure pop in una chiave rituale e decorativa.

Il revival tocca anche l’industria: Sottsass e i suoi vasi per Bitossi restano intoccabili, mentre Mutina riscrive il mattone come modulo architettonico espressivo. Bloc, Brac: i nomi sono minimi, le idee grandi.

UNTITLED di Ettore Sottsass per Bitossi © Bitossi

UNTITLED di Ettore Sottsass per Bitossi © Bitossi

La ceramica invade anche l’arredo. Elisa Ossino con The Circle esplora un minimalismo scultoreo. Più di recente, Zanovello per Pulpo e Michielssen per Serax rivedono sgabelli e colonne come archetipi giocosi. E da Flos, la lampada Céramique di Ronan Bouroullec è più dichiarazione poetica che prodotto.

Elisa Ossino Studio, Material+Home - MDW2024 © Valentina Sommariva

Elisa Ossino Studio, Material+Home - MDW2024 © Valentina Sommariva

Oggi la ceramica è ovunque: nei set fotografici, sulle riviste, tra le mani dei brand più mainstream. È il pezzo che dà carattere, stile, come un orecchino vintage su un solo lobo o la scarpa fluo fuori dalla cromia dell’abito.

Una città che per prima ha rivitalizzato il concetto di ceramica, dandole una veste contemporanea e raccontando la sua portata storica, è Faenza.

Due le strutture che portano avanti la tradizione: il MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, che ospita l’incontro tra le culture ceramiche di ogni tempo e luogo con opere provenienti dall’Estremo Oriente, dalla Siria, dall’Iran, dall’Egitto, dalla Turchia e dal Sud America.

Fondato nel 1908 il museo promuove un patrimonio di oltre 60.000 opere su una superficie di oltre 15.000 metri: conservazione ed eposizione per una realtà unica, sia a livello nazionale che internazionale.

Mentre dal 2002 il Museo Carlo Zauli nasce negli spazi di uno dei più rappresentativi scultori del 900, espone collezioni e diverse attività culturali che a partire l’arte contemporanea raggiungono espressioni inaspettate della ceramica.

Ma perché tutta questa attenzione? A Faenza la ceramica è un materiale tradizionale locale, che ha saputo raccontarsi in ogni sua forma e vicissitudine. In generale però ci viene da pensare che nella sua fierezza e insieme malleabilità, la ceramica è un materiale che resiste. Si lascia toccare, pesa, resta. Come scriveva Sottsass, è “più vecchia delle capre, delle poesie, delle case”. E oggi, più che mai, ci ricorda che la forma conta, ma anche il gesto che l’ha creata.

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