“Sa se c’è qualche signore anziano che viene a fare del movimento in questo parco?
Sì, quelli che ce la fanno.”
Sono tanti i cliché di quando si invecchia: si diventa ipocondriaci, si cammina soli e si mangia di più. Si dismettono abiti colorati, si videochiamano i parenti lontani. Si fa meno l’amore. Ma non per tutti, non per tutte.
Mahin dopo anni di silenzi e abitudini, decide che vuole un uomo: che le tenga compagnia sotto molti punti di vista. Quindi dopo un pranzo con le amiche, che la spronano a non restare sola – purché ben accompagnata – la giovane settantenne gira per Teheran in cerca di un compagno.
Lo trova dopo non molto e senza corteggiamento e carte false, i due si ritrovano a condividere una notte fatta di vino (proibito), cibo, musica e risate (proibite).

"Il mio giardino persiano" (2024), di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha
Non andremo oltre, perché se è già fuori dalle sale lo recupererete in qualche arena estiva, ma “Il mio giardino persiano” è una storia che parla della vita delle persone anziane, fatta di semplicità e solitudine, per far capire al mondo non troppo adulto che è nella solitudine che si coltivano slanci, e la cura germoglia piano, in modo elegante e silenzioso.
C’è un sottotesto di divieti intorno alle vicende di Mahin che inquadra la società iraniana in modo quasi garbato.
Parla della polizia morale e liquida in poco tempo la libertà delle donne nell’essere umane. Mahin però non è bigotta, ha una figlia che vive all’estero, dei nipoti che vede poco e tanta fantasia quanto i colori dei suoi ombretti.
Non si dà per vinta mai, in questo film che ci fa tenerezza e ci strappa un sorriso fino a mezz’ora prima della fine, prima di farci piangere anche se un po’ lo sapevamo.
Il fatto è uno: la vita finisce, anche e nonostante la polizia morale iraniana. Questo infatti, pur ambientato a Teheran, è un film sull’età adulta e sulle infinite possibilità di quello che accade anche dopo la morte.
E poi è un film di condivisione e leggerezza, che fa della terra un luogo intimo di singolare appartenenza.
Voto da zero a dieci, otto

"Il mio giardino persiano" (2024), di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha