- Vie’qqua.
- Dove stiamo andando?
- Vedrai…
Goliarda Sapienza quest’anno è arrivata ovunque. Se da viva non se la filava nessuno, ora che non c’è più è sugli occhi di tutti, tra serie televisiva e cinema. Accade così.
Il film di Mario Martone uscito lo scorso mese racconta solo una parte della vita di Goliarda, quella in cui cerca lavoro e non lo trova, quella in cui frequenta le sue ex compagne di cella, ripercorrendo con dei flashback alcuni episodi del carcere e del motivo per cui ci è finita.
Non ci soffermeremo sulla trama, sempre per una questione di spoiler e perché poi la trama alla fine non ci interessa.
Parleremo piuttosto della sensazione di disagio che la pellicola racconta. Della romanità che dilaga in ogni scena, degli scorci anni ottanta di bar, metro e gianicolo annesso. Poi parleremo di Goliarda, che però non parla.

Una scena dal film "Fuori" di Mario Martone, 2025
Durante le due ore di film si limita a rincorrere Roberta in lungo e in largo, osservando da lontano il suo rapporto con la “malavita” che l’ha portata in cella, senza dirle nulla. Viene anche rimproverata per il suo silenzio, ma Goliarda era fatta così: riservata, schiva, elegante.
Lo era davvero?
Martone è interessato a portare in sala la vita di Goliarda con le sue creature letterarie: il personaggio di Roberta – e anche quello di Barbara – sono ispirate ad amicizie reali, ma in scena vediamo il riadattamento del romanzo “L’università di Rebibbia”.
Che peso ha qui la realtà, che peso l’immaginazione?
La convivenza del dubbio inserisce il biopic nella formula della fiction o viceversa, e lascia emergere la pesantezza di una vita sofferta, a metà tra la scrittura e la narrazione.
Personaggio letterario anche Goliarda, personaggio di sè stessa. Come poi è anche nello stile così schietto e pungente de “L’arte della gioia”. Nulla di più verosimile, dunque?
Il film di Martone ci lascia con l’amaro in bocca e una nostalgia per l’esilio dello sguardo:
Goliarda che guarda Roberta mentre parla fitta fitta con Barbara. Che osserva tra le sbarre le altre detenute, che spia guardinga l’amica, prima di infilarsi i suoi gioielli sotto i vestiti.
Poi, mentre il film finisce, anche lei smette di guardare. Probabilmente per tornare a scrivere, senza sapere mai quanto oggi si legga di lei.
Voto da zero a dieci, sette.

Una scena dal film "Fuori" di Mario Martone, 2025