Emilia Perez, Jacques Audiard

Dicono che sia un musical, ma è molto di più.

Scena tratta dal film "Emilia Perez", di Jacques Audiard (2025)

“Habla, esta gente habla
Pero ahora lo van a pagar, a pagar, a pagar
Habla, esta gente habla
Pero ahora lo van a pagar, lo van a pagar”

“El Mal”, di Camille, Zoe Saldaña e Karla Sofía Gascón

Abbiamo visto il film appena è uscito. Presumiamo quindi sia trascorso un po’ di tempo rispetto a quando starete leggendo questo articolo.

Sul web alcuni siti di cultura e attualità che stimiamo non ne hanno parlato bene, nonostante le diverse nomination agli Oscar, una standing ovation di nove minuti a Cannes e la vittoria del brano “El Mal” come Miglior Canzone Originale ai Golden Globe 2025. La critica indispettita vede nel film un Messico stereotipato e banale, che sembra minimizzare i problemi dei cartelli, delle persone scomparse, delle famiglie che ancora piangono i propri cari innocenti. Ma non è il mondo che abbiamo visto noi. O meglio, non l’unico e tantomeno il più rilevante.

Emilia Perez parla della difficoltà delle persone transgender di essere accettate in società e lo fa nel modo più inaspettato e atipico possibile: attraverso la redenzione di un corpo maschile, malavitoso, omicida e lo fa aiutato dalla musica.

Juan “Manitas” del Monte sogna di diventare una donna, da quando era bambino. Nonostante la protezione, i soldi, la moglie e la prole, rapisce un’avvocata di serie A che però è pubblicamente percepita come di serie C, la riempie di soldi e le fa giurare di sbrigare faccende organizzative e burocratiche affinché la trasformazione avvenga.

Ascoltare è accettare, perciò Rita Mora Castro eccelle nei suoi doveri, diventa ricca e con il segreto della trasformazione, sparisce a Londra. Ma il film non poteva finire subito: Emilia Manitas Perez la ritrova, le serve di nuovo il suo aiuto: ha bisogno dei suoi figli, unico motivo per cui può rischiare il tutto e per tutto.

Scena tratta dal film "Emilia Perez", di Jacques Audiard (2025)

La componente genitoriale è quindi innata anche nel corpo di un uomo che si fa donna, diremo anche nei geni maschili indipendentemente dai desideri più profondi, se vogliamo farne una questione biologica. Ma non si tratta solo di questo.

Il film è sì uno squarcio sulle problematiche social transgender, ma è contemporaneamente un inno alla figura femminile, alle donne. Manitas ha bisogno di ripulirsi da tutti gli orrori che ha commesso, da uomo. E lo fa con il corpo di una donna, aprendo addirittura una fondazione che aiuta le famiglie vittime dei cartelli. Esce pubblicamente allo scoperto, dopo che anni prima, pubblicamente, aveva messo in scena la sua morte.

E poi c’è la colonna sonora. Il film sembrerebbe un musical – e in quanto tale alcuni di voi avranno pensato: che palle, no! – e invece il ritmo avvolge la trama, la fa ballare, si inserisce creando scene surreali, dando luce a situazioni grottesche e comiche che non avremmo potuto vivere diversamente.

Senza contare che i testi delle canzoni sono perfettamente integrati nella sceneggiatura e no, non danno fastidio. Insomma, ci è piaciuto un sacco, perché Audiard ha scardinato i codici dei generi e li ha mischiati senza storpiare: thriller sul finale, commedia surreale nel mezzo e musical che ringiovanisce i suoi codici dalla prima scena.

Voto da zero a dieci, dieci e come al solito, ormai vale per tutti i film, solo in lingua originale.

Scena tratta dal film "Emilia Perez", di Jacques Audiard (2025)

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