L’invasione di Meta

Il 26 maggio è stato l’ultimo giorno utile per opporsi all’addestramento dell’AI di Meta con i dati personali che abbiamo diffuso sui nostri (loro) canali social, da quando li abbiamo aperti.

Non si tratta però solo di dati: Meta per nutrire la sua intelligenza, utilizzerà le informazioni condivise da noi utenti su post di Facebook e Instagram, stati, ma anche video come reel e storie. Le uniche eccezioni riguardano i contenuti protetti dalla crittografia end-to-end, come le chat di WhatsApp o di Messenger.

Di fatto ogni qualvolta che utilizziamo l’AI, già le forniamo diverse nozioni su di noi. Però non avremmo voluto che si appropriasse del nostro passato social, in cui forse eravamo ancora molto ingenui ed ingenue.

Insomma, se vi siete persi quella data, non c’è possibilità di riscatto. Però si è sempre in tempo per tutelare il nostro futuro di posting:

Questo tema ci espone a una serie di contraddizioni che riguardano il nostro modo di comunicare: da quando esistono i social, abbiamo accettato e desiderato raccontarci agli occhi di tutti e tutte, spesso conoscendo la metà degli utenti.

Abbiamo spiato i nostri collegamenti in tutti i modi possibili e ci siamo lasciati spiare perché in fondo non volevamo altro. Abbiamo seguito e scaricato gli aggiornamenti necessari per essere sempre online, disponibili e in vetrina. E cosa succede adesso? Quanti di noi si pentono di aver condiviso informazioni personali in passato?

La recente invasione dell’AI su Whatsapp ci ha fatto riflettere una volta di più: l’imposizione di uno strumento di query come l’AI, non necessario alla comunicazione quotidiana, ma ormai convivente all’interno dell’app, è di fatto un’ingiustizia contro cui non possiamo nulla: è impossibile da cancellare e la sua presenza è fissa. Cosa mai avremmo bisogno di chiederle, mentre digitiamo a un’amica l’indirizzo di un locale per il prossimo appuntamento?

Con questo articolo il nostro invito è chiaro: continuiamo a ragionare e parlarne, perché convivere con le nuove tecnologie è necessario, ma vivere per loro no.

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