Devono sentirsi liberi di uscire alle cinque e mezzo per tornare in famiglia. Nessuno deve più sentirsi oberato. Ma ovvio non è un obbligo: se qualcuno ha un lavoro da finire, dovrebbe rimanere per continuare il lavoro. Ma non c’è imposizione. Anche se gli obiettivi vanno raggiunti.
La parola bugonia deriva dal greco e significa “nascita dai buoi”. Si rifà a un passo di Virgilio nel IV libro delle Georgiche in cui si narra come “dalla putredine dei buoi nasce un fremito vitale e un nugolo d’api” (dalla traduzione di Enzio Cetrangolo).
Con le api si apre e si chiude il film di Lanthimos che, rispetto agli ultimi Kind of kindness e Povere Creature!, è più diretto e facilmente simbolico. Non fa sconti, a tratti prevedibile ma spietato, racconta di un complotto, dell’intelligenza superiore dell’essere donna, della società contemporanea e della sua alienazione.
L’essere umano infatti, incapace di orientare i suoi comportamenti a differenze delle api, animali di ordine e intelletto, in Virgilio così come in Bacone e Aristotele, non può fare altro che andare incontro alla sua certa decadenza.

Remake del film coreano “Save the Green Planet!” di Jang Joon-hwan, Bugonia segue l’allenamento fisico e mentale di due ragazzi marginalizzati: Teddy con una forte ideologia vendicativa e Don, il cugino smidollato ma estremamente sensibile.
Dopo settimane di sudore, privazioni sessuali e strane diete alimentari, i due decidono di rapire Michelle Fuller, CEO brillante da cui le case farmaceutiche – e la maggior parte della salute statunitense – dipendono. La confiscano perché Michelle è un’aliena – o ritenuta tale – presto complice della disfatta del genere umano: questo è quello che insegna Teddy a Don e in cui crede fino alla morte.
E della morte si parla: morte vivente di una nazione e della sua popolazione, morte apparente di una madre che è diventata tester e ora in coma farmacologico, morte per un ideale e per vendetta. Non indagheremo tutte queste dipartite, ma ci limitiamo a elencarle per darvi una lettura diversa dalle differenti recensioni in cui vi sarete già imbattuti.

Michelle però non è una semplice vittima, buona o cattiva che sia, rapita e nascosta in un sottoscala. Ha delle procedure imposte da Teddy per rendersi introvabile dal team alieno che dovrebbe rivendicarla. La osserviamo quindi alla prese con il suo corpo, mentre esegue quello che le viene chiesto. Lo stesso corpo che alla fine del film è completamente trasformato.
Bugonia parla anche di una mancata redenzione nonostante la metamorfosi, di una mancata rinascita nonostante il sacrificio del bue iniziale. E parla di una società sotto scacco: la nostra. Che siano alieni o intellettuali di serie C o peggio ancora quell’1% di detentori più ricco del 99% dei poveri restanti (oxfamitalia.org), il genere umano sembra cadere a peso morto da un momento all’altro e in qualsiasi contesto. Questo però non lo diciamo solo noi, guardare per credere.
In Bugonia non c’è nessuna morale nonostante il finale e anzi, solo una semplice constatazione dei fatti:
saremo in grado di continuare a vivere senza mietere vittime di vario tipo o essere noi stessi vittime passive e dormienti?
Voto da zero a dieci, otto.
