Brassaï, Centro Saint-Bénin, Aosta

Quando non era scontato.

Brassaï: Le Baiser c. 1935-37 © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

Brassaï: Le Baiser c. 1935-37 © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

Ungherese di nascita Gyula Halász diventa Brassaï in onore della sua città natale “Brassó”, quindi uno dei fotografi più influenti del XX secolo. Definito dall’amico Henry Miller “l’occhio vivo” della fotografia, vive in pieno il fermento culturale di Parigi nel primo dopoguerra e ne racconta le avvenenze, la notte e i suoi amici artisti, ritraendo sguardi e vanità.

La mostra raccoglie più di 150 stampe d’epoca, oltre a sculture, documenti ma anche oggetti appartenuti al fotografo. Ma cosa vuol dire vedere oggi una mostra di Brassaï? Cosa ci comunicano queste foto in bianco e nero così viste, così veritiere?

Veniamo da anni in cui la versatilità dei cellulari e la progressiva popolarità dei social network hanno spezzato la magia dello scatto, rendendo l’arte della fotografia una prassi.

Pensiamo a quanto è facile oggi immortalare un bacio, uno sguardo, un sorriso. Ma cosa manca nei nostri scatti?

La spontaneità. L’attimo. Il motivo per cui è importante vedere una mostra di Brassaï oggi è cercare di cogliere quel momento unico, che non si sarebbe rivelato diversamente. Comprendere l’importanza di questa testimonianza, non vuol dire solo guardare l’arte, ma conoscere il cambio della rappresentazione lungo un secolo.

Brassaï: Couple au bal des Quatre Saisons, rue de Lappe © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

Brassaï: Couple au bal des Quatre Saisons, rue de Lappe © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

Oggi lavorare con l’IA ci permette di creare immagini simili a quelle di grandi artisti e di plagiare un ricordo. La bidimensionalità di questi lavori non è certo da giudicare, viviamo oggi immersi nel cambiamento, ma è sicuramente un espediente che fa riflettere.

Nel contesto storico in cui Brassaï ha operato, la fotografia non è soltanto uno strumento di documentazione poetica, ma diventa un linguaggio autonomo, capace di dialogare con la pittura, la letteratura e le arti visive dell’epoca.

Brassaï: Autoportrait, Boulevard Saint-Jacques, Paris, 1930-1932 © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

Brassaï: Autoportrait, Boulevard Saint-Jacques, Paris, 1930-1932 © Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles

La Parigi degli anni Venti e Trenta è il centro nevralgico di questo cambiamento: crocevia di avanguardie, luogo di incontro tra surrealisti, scrittori americani in esilio, pittori come Picasso e scultori come Giacometti. Brassaï ne è parte, trasforma la quotidianità e la vita notturna in icone universali, contribuendo a definire l’immaginario moderno. E oggi? Chi sarebbe in grado di farlo e con quali strumenti?

Non abbiamo una risposta, ma intanto lanciamo la domanda. Visitare una mostra dedicata a Brassaï, significa chiedersi che ruolo ha oggi la fotografia. Dove si colloca e in che modo si può annoverare nel contesto artistico. Fotografare significa scegliere, aspettare l’attimo, prevedere un movimento e averne fiducia.

Fino al 9 novembre
Centro Saint-Bénin
Via Festaz 27 – Aosta

Torna su

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.